Nel mondo sempre più consapevole dell'importanza della sicurezza alimentare, l'HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) si presenta come uno dei sistemi più efficaci per garantire la produzione, la preparazione e la somministrazione di alimenti sicuri per i consumatori. Questo sistema si basa su 7 principi fondamentali che mirano a identificare e gestire i potenziali pericoli lungo il percorso di produzione alimentare.
In questo articolo, esploreremo in dettaglio ogni principio dell'HACCP, comprendendone l'importanza e il modo in cui contribuiscono alla sicurezza alimentare globale.
Introduzione all'HACCP e ai 7 principi HACCP
L'HACCP (acronimo inglese di Analisi dei Pericoli e Punti Critici di Controllo) è un sistema di gestione della sicurezza alimentare ampiamente riconosciuto a livello globale.
Si tratta di un approccio preventivo che mira a individuare, valutare e gestire i rischi legati alla produzione e al consumo di alimenti per garantire che gli alimenti siano prodotti, trasformati e distribuiti in modo sicuro per il consumo umano e quindi proteggere la salute pubblica.
I 7 principi dell'HACCP rappresentano il nucleo di questo sistema, offrendo una guida dettagliata su come individuare e controllare i rischi legati agli alimenti. Questi sono:
Identificazione e analisi dei pericoli da prevenire, eliminare o ridurre
Definizione, per i CCP, dei limiti critici che differenziano l’accettabilità dalla inaccettabilità
Definizione e applicazione di procedure di monitoraggio efficaci per ogni CCP
Pianificazione delle azioni correttive se un punto critico non risulta sotto controllo
1. Individuazione dei pericoli e analisi dei rischi
È il punto di partenza dell'HACCP. Questo principio coinvolge l'identificazione e la valutazione di potenziali fonti di pericolo, che potrebbero compromettere la sicurezza alimentare (in tutte le fasi della produzione alimentare, partendo dalla coltura o dall’allevamento fino al consumo, includendo eventuali tempi morti).
Questi pericoli potenziali vanno sottoposti ad analisi del rischio: valutare, per ogni pericolo, la probabilità che si realizzi e il danno che comporterebbe alla salute dei consumatori.
In seguito si stabiliscono eventuali azioni preventive per il loro controllo.
I pericoli possono essere di natura chimica, fisica o biologica.
Pericoli fisici
Questi pericoli derivano dalla presenza accidentale di residui fisici nel prodotto finale come frammenti di vetro, metallo, legno, capelli.
La contaminazione fisica può essere:
Pregressa: quando si verifica un alteramento delle materie prime ricevute dal fornitore (essenziale quindi effettuare un controllo prima della lavorazione delle materie prime);
Operativa: quando la contaminazione avviene nel momento della lavorazione della materia, a causa di materie e residui da macchinari, ma anche di capelli, unghie, peli derivanti dal personale.
Pericoli chimici
Si riferiscono alla presenza di sostanze chimiche dannose nel prodotto finale, come pesticidi, metalli pesanti, disinfettanti, residui di detergenti o additivi non sicuri.
Nella contaminazione pregressa, le materie prime sono state contaminate con sostanze chimiche pericolose dagli enti terzi che le hanno fornite; nella contaminazione operativa, sono state contaminate nel momento stesso della lavorazione.
(Gli allergeni rientrano tra i pericoli chimici anche se molto spesso vengono scorporati dagli altri pericoli perché richiedono misure di controllo molto specifiche).
Pericoli biologici
Si riferiscono a batteri, virus, parassiti, muffe e virus o altri microrganismi patogeni che possono causare malattie, talvolta anche mortali, trasmesse dagli alimenti.
Esempi di pericoli biologici sono Salmonella, E. coli, Campylobacter e Listeria.
L'analisi di questi pericoli (fisici, chimici e biologici) mira a individuare le fasi del processo di produzione in cui potrebbero verificarsi tali contaminazioni e ad adottare misure per evitare che ciò accada.
2. Definizione dei Punti Critici di Controllo
Dopo aver identificato i pericoli, è fondamentale individuare i Punti Critici di Controllo (CCP, acronimo di Critical Control Point) nel processo di produzione.
Cosa sono i Punti Critici di Controllo?
I CCP rappresentano le fasi, i punti o le procedure specifici in cui è possibile ed indispensabile intervenire in modo attivo e controllato per prevenire, eliminare o ridurre a limiti accettabili un pericolo alimentare.
Quindi rappresentano le fasi, all'interno di un processo di produzione alimentare, in cui possono verificarsi rischi che potrebbero compromettere la sicurezza del cibo, e quindi è necessario agire e applicare controlli rigorosi per garantire che questo non accada (per questo sono definiti "critici").
Ogni CCP deve essere precisamente definito e monitorato in modo da assicurare che le misure preventive siano attuate correttamente.
Non è un Punto Critico di Controllo:
un punto di controllo che ha a valle un ulteriore punto di controllo critico che elimini il pericolo
un punto di controllo che non può essere valutato in base ad un parametro oggettivo (come ad es. la temperatura, la data ecc…)
un punto di controllo che può essere valutato in base ad un parametro oggettivo, ma che non può restituire un risultato immediato (ad es. la carica batterica di un alimento è un parametro importante, ma richiede diverse ore per ottenere i risultati delle campionature).
Come si identifica un CCP?
Nel processo per determinare quali siano i CCP, molto spesso si fa uso del metodo dell’albero delle decisioni (tree of decisions).
Questo approccio aiuta a distinguere se un passaggio all'interno della produzione o manipolazione di un alimento costituisce un punto critico di controllo (CCP) o un punto critico semplice (CP). Ogni fase rappresenta uno stadio specifico nella catena di produzione e gestione degli alimenti, comprese attività come la produzione primaria, la ricezione, la trasformazione, la conservazione, il trasporto, la vendita e l'uso da parte dei consumatori.
Qual è la differenza tra un Punto Critico di Controllo e un Punto Critico semplice?
Un CP, acronimo di "Punto Critico", rappresenta un punto all'interno del processo di produzione alimentare dove è necessario applicare misure preventive per garantire la sicurezza e la qualità degli alimenti, ma dove l'intervento non richiede la stessa intensità di controllo come per un CCP.
In altre parole, un CP è un'area che richiede attenzione, ma non rappresenta un rischio critico immediato per la salute del consumatore. È un punto dove è necessario monitorare e applicare misure per prevenire, eliminare o ridurre al minimo i rischi, ma dove il controllo può essere meno frequente o meno intensivo rispetto a un CCP.
CP sono spesso associati a fattori che influenzano la qualità del prodotto, l'aspetto o altre caratteristiche, ma che non pongono una minaccia diretta per la salute dei consumatori.
CCP e CP: differenza nel monitoraggio
La distinzione tra CCP e CP è anche legata alla capacità di monitorare e misurare la fase. Un CCP è identificato quando è possibile stabilire parametri misurabili e monitorare la fase produttiva,
mentre un CP rappresenta una fase dove i parametri potrebbero non essere misurabili ma richiedono misure preventive.
Ad esempio, nella lavorazione delle materie prime per i tramezzini, il rischio di contaminazione è mitigato attraverso misure preventive come il lavaggio delle mani e la formazione del personale. Dal momento che i parametri non sono facilmente misurabili, questa fase è considerata un CP.
D'altro canto, nella conservazione refrigerata dei tramezzini appena prodotti, l'errore nel controllo delle temperature di conservazione potrebbe causare la proliferazione di batteri. In questo caso, poiché è possibile monitorare costantemente le temperature delle celle frigorifere, la fase di conservazione è considerata un CCP.
Esempi di Punto Critico di Controllo
La cottura può essere considerata una fase fondamentale per la sicurezza di un alimento come la carne di pollo, durante la preparazione di prodotti a base di pollo, per eliminare la campilobatteriosi (una malattia alimentare causata dal batterio Campylobacter, che può essere presente nel pollo crudo).
Quindi, poiché il Campylobacter è sensibile alle alte temperature e viene distrutto attraverso la cottura a temperature superiori a 74°C, potremmo identificare la cottura come CCP.
Una volta stabilita che la cottura è un CCP, si individuano i parametri del trattamento (quindi temperatura - 74° - e tempo di cottura).
In seguito si procede nell’applicazione dei 7 principi, e stabilire il limite critico, le modalità di monitoraggio, ecc.
Altri esempi potrebbero essere la pastorizzazione in prodotti lattiero-caseari (fondamentale per la sicurezza del prodotto perché consente di abbattere il batterio Listeria monocytogenes e aumentare la durabilità del prodotto) oppure ancora la sterilizzazione nel caso di prodotti in scatola (gli alimenti vengono sottoposti a temperature elevate per distruggere il batterio Clostridium botulinum) oppure ancora il congelamento per il pesce crudo (per distruggere i parassiti Anisakis).
3. Definizione dei limiti critici
Il terzo punto prevede la definizione dei limiti critici per ciascun CCP identificato.
I limiti critici rappresentano valori o criteri specifici che devono essere osservati e rispettati per garantire che ogni CCP risulti sotto controllo. Sono ciò che consente di garantire la sicurezza di un prodotto finito.
Per "definizione dei limiti critici" si intende quindi l’identificazione di valori di riferimento che separano l’accettabilità dalla inaccettabilità, la sicurezza dal rischio, definendo con precisione quando un processo è sotto controllo o in pericolo.
I limiti critici sono determinati da fonti normative, come leggi e regolamenti, se presenti, o possono essere derivati dalle GMP (Good Manufacturing Practices, ossia "buone pratiche di lavorazione"), nel senso che possono derivare dall'adozione di una pratica igienica di lavorazione propria di un'azienda.
Questi limiti critici possono essere parametri di temperatura, tempo di cottura, pH, livelli di umidità o qualsiasi altro indicatore misurabile, ma anche parametri “sensoriali” quali la consistenza o l’aspetto visivo dell’alimento. Quindi, non necessariamente sono rappresentati da valori numerici.
Esempi di limiti critici potrebbero essere la temperatura minima e massima a cui devono essere conservati tutti quegli alimenti soggetti a degradazione; oppure i tempi di lavorazione, o i parametri microbiologici e chimici.
Esempio di limite critico
Se, dopo aver valutato e analizzato i pericoli del processo in oggetto, si stabilisce che, affinché il prodotto - la carne di pollo dell'esempio precedente - sia stabile e sicuro per il consumatore finale, la temperatura interna che deve raggiungere durante la cottura sia di 74 °C, ho già identificato il limite critico (temperatura al cuore di 74 °C).
Il limite critico è un parametro (nell’esempio il valore della temperatura interna raggiunta) misurabile che ci permette di distinguere tra un prodotto conforme (un prodotto che ha raggiunto una temperatura interna di 74 °C o maggiore) e un prodotto non conforme (che non ha raggiunto una temperatura interna di 74 °C).
4. Definizione delle procedure di monitoraggio
Il quarto dei 7 principi consiste nel definire e attuare una serie di osservazioni e misure per tenere sotto controllo i CCP e assicurarsi che siano entro i limiti critici stabiliti.
Ovviamente, le modalità e gli interventi di monitoraggio (continui o periodici) dipendono dalla specifica realtà dell'azienda in questione e dai processi in oggetto.
Un piano minimo di controllo comunque solitamente prevede:
- controllo e qualifica fornitori;
- controllo conservazione dei prodotti;
- registrazione temperature di conservazione;
- controllo e predisposizioni di procedure di lavorazione definite in tempi e modi;
- controllo e pianificazione condizioni igieniche (sanificazioni, pest control).
Un piano minimo di controllo deve inoltre riportare:
- chi si occupa di monitorare e verificare i dati rilevati;
- quando vengono effettuate le misurazioni o le osservazioni;
- come vengono effettuati il monitoraggio e la valutazione dei risultati.
Ad esempio, nel caso precedente, come assicurarsi che la temperatura interna della carne di pollo raggiunga i 74 °C? Bisogna monitorare questo parametro con una misurazione sperimentale.
5. Definizione e pianificazione delle azioni correttive
Questa fase prevede la definizione, in anticipo, di quelle azioni correttive che è necessario mettere in atto tempestivamente quando un CCP è al di fuori dei limiti critici per riportare, il più velocemente possibile, il processo sotto controllo.
Ovviamente la loro efficacia è data dalla loro tempestività, ossia consentire nel più breve tempo possibile il ritorno alle normali condizioni di sicurezza.
Le azioni correttive devono comprendere:
la correzione della causa dello scostamento dal limite critico;
la verifica che il CCP sia di nuovo sotto controllo;
le procedure da attivare verso gli alimenti non sicuri perché prodotti quando il CCP non era sotto controllo;
la registrazione dell'accaduto e delle misure adottate;
l'eventuale individuazione di misure preventive più efficienti.
6. Definizione delle procedure di verifica
Questo passaggio include la definizione procedure di verifica che includano prove supplementari e procedure per confermare che il sistema HACCP funzioni efficacemente.
Attraverso attività di verifica sul campo, si confronta ciò che è stato visto e detto con ciò che è stato preventivamente pianificato e scritto.
Questo processo permette di valutare l'efficacia reale e l’adeguatezza delle misure adottate,
rispetto allo stato attuale delle circostanze, ovvero
consiste nell'assicurarsi che tutti gli elementi visti fin ora (analisi dei pericoli, CCP, limiti critici, monitoraggio, azioni correttive) riescano, nel loro insieme, a garantire il controllo del processo.
Nello specifico possono essere utilizzati diversi strumenti, come:
metodi di monitoraggio;
visite ispettive;
campionamenti casuali;
analisi.
La frequenza delle attività di verifica è stabilita nel piano di autocontrollo e dipende da fattori come le dimensioni dell'azienda, il numero di dipendenti, il tipo di prodotti trattati e la quantità di non conformità rilevate.
7. Definizione delle procedure di registrazione
L'ultimo principio riguarda la documentazione, in particolare la predisposizione di documenti e registrazioni – che devono essere adeguati alle dimensioni e alla natura dell’azienda - per dimostrare l'effettiva implementazione ed applicazione delle misure precedentemente delineate.
Tutti i dettagli relativi all'HACCP, compresa l'analisi dei pericoli, i CCP, i limiti critici, le azioni correttive e le verifiche, devono quindi essere documentati in modo accurato e accessibile.
La documentazione deve essere completa e firmata dal responsabile del piano di autocontrollo, in quanto costituiscono un elemento centrale per il controllo ufficiale, come ispezioni e audit, condotti dai servizi di prevenzione dell'USL (Unità Sanitarie Locali) quali i Servizi Veterinari e il SIAN.
Conclusione
In conclusione, i 7 principi HACCP si ergono come pilastri fondamentali nella garanzia di alimenti sicuri.
Nonostante questo, però, la loro implementazione può rivelarsi insidiosa per le aziende alimentari: le complesse catene di produzione, le risorse necessarie e la necessità di adattarsi a normative in continua evoluzione possono rendere difficile questo processo.
Per questo, molte aziende scelgono di affidarsi a professionisti del settore che, attraverso consulenza, riescono a guidare le attività verso la certificazione HACCP in maniera semplice e senza stress.
Se hai bisogno di una consulenza HACCP o di un preventivo gratuito, non esitare a contattarci!
Se hai trovato utile ed interessante questo articolo, non perderti i prossimi per rimanere sempre aggiornato: iscriviti alla nostra newsletter!
Comments